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  • Immagine del redattoreCristina Speggiorin

A volte ritornano

Aggiornamento: 26 mar 2022

No, non stiamo parlando di zombie o incubi, per fortuna, ma di...talenti. Ebbene sì, a volte ritornano. Ma siamo pronti ad accoglierli? Quali pregiudizi o stereotipi dobbiamo imparare a vincere?


Il fenomeno esiste da sempre, o comunque da un po', e riguarda soprattutto le donne. Avete presente? Stiamo parlando del rientro al lavoro dopo un lungo periodo di assenza. Per esempio, le donne quando diventano mamme lasciano il lavoro, accudiscono i figli ma quando questi sono diventati ormai grandi, è normale vogliano tornare a pensare a se stesse e alla propria carriera e decidano di tornare al lavoro. Con un gap pazzesco che si fa sentire nei colloqui di selezione. Avete presente quella domanda "cosa ha fatto tutto questo tempo?" oppure quei commenti del tipo "ha un ottimo curriculum ma è da molti anni che non lavora e il mondo è cambiato, sono successe tante cose..."

Sconfortante e irritante (chissà mai dove sono vissute le mamme in tutto quel tempo? In un universo parallelo?)


I returners: un fenomeno non solo femminile


Finora, forse, la cosa riguardava solo le donne e, guarda caso, non aveva mai importato a nessuno, se non alle mamme stesse.

Ma le cose stanno cambiando e ora il fenomeno ha un nome: RETURNERS. Eh sì, perché la questione non è più prettamente femminile: può riguardare anche gli uomini o le donne che non sono diventate mamme ma che, per altri motivi, sono stati lontani dal mondo del lavoro.

Il mercato del lavoro sta cambiando e più di una persona fa fatica a ricollocarsi nell'arco di breve tempo. Si perde il lavoro, si lascia il lavoro (ricordate la Great Resignation e la Yolo Economy? ne abbiamo parlato qui), ci si prende una pausa più o meno forzata e...sembrano iniziare i problemi.


Il curriculum di un returner

In Italia abbiamo un triste primato: siamo il Paese europeo in cui è più difficile, per una donna, rientrare nel mondo del lavoro anche quando il figlio cresce.

Ma la cosa non riguarda solo le donne.

Un curriculum di un returner (chiunque esso sia) che ha quindi un gap ha il 45% in meno di probabilità in meno di essere chiamato per un colloquio.

Le motivazioni? Varie, ma sicuramente il gap viene visto come una mancanza e un impoverimento delle competenze.

Cosa che può essere vera, ma non troppo.

Riflettiamo un momento: è così matematico che una persona lontana dal mondo del lavoro non abbia maturato altre competenze? La risposta è no.

Da anni si parla sempre più dell'importanza delle soft skills in azienda: a parità di curriculum tecnico, la parte soft fa sicuramente la differenza.

Quindi prendiamo per esempio una donna diventata mamma: avete idea di quante competenze ha maturato durante la sua vita? La flessibilità, la capacità di individuare le priorità, la resilienza, l'organizzazione dei compiti e dei carichi di lavoro e anche una certa gestione del conto economico.

Ecco, se adesso avete pensato "beh...mi sembra eccessivo", permetteteci, state sbagliando. In pieno.

Se si devono valutare le competenze soft allora queste lo sono.


L'assenza non è uguale a zero apprendimento

La vox populi che durante l'assenza o la lontananza non si impari nulla è vox media ma non realistica o veritiera.

Ci sono molte persone invisibili ormai che possono essere le risorse migliori che un'azienda ha a disposizione e gli uffici Risorse Umane se ne stanno accorgendo.

E' necessario mettere a fuoco un punto di vista diverso.

Anche perché i returners non sono solo le mamme, lo ripetiamo.

Quando un returner riesce ad entrare in azienda viene catapultato in un vortice di formazione che riguarda le competenze hard. Ma perché non ribaltare le cose? Perché non selezionare i returners non per il loro meno (le competenze tecniche che possono essere facilmente colmabili con la formazione on the job) e selezionarle per il loro più? Ossia le soft skills!


Le tipologie dei returners

Sono returners anche i profughi, i migranti, le madri, i caregiver, i padri, le persone che sono state malate: chi potrebbe dire che mentre erano via non abbiano appreso competenze chiave, di cui il mondo del lavoro oggi ha molto bisogno? Ciò che appare come una loro fragilità è allo stesso tempo qualcosa di grande: la tempesta, i grandi cambiamenti della vita portano sempre grandi insegnamenti.

Non lo diciamo sempre? E' arrivato il momento di fare la differenza. Quindi Mind the Gap...dove il gap non è quello dei curricula ma quello, ci permettiamo di sostenerlo, della "testa" delle aziende.

I returners sono tanti: espressione di un mondo che cambia. Ricordiamocelo.

Voi che cosa ne pensate?










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