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  • Immagine del redattoreCristina Speggiorin

Job Hopping: quando saltare fa bene alle competenze e non solo alla salute.

Aggiornamento: 19 gen 2019



Job Hopping: non è una nuova disciplina aerobica che potete affiancare alle lezioni di Pilates e di Zumba in palestra. E’ un fenomeno sociale che riguarda soprattutto, ma non solo, i Millennials, la generazione di ragazzi nati tra l’inizio degli anni 80 e l’inizio degli anni 2000.

Significa letteralmente “ saltare da un lavoro all’altro”.

Da che cosa dipende questo fenomeno? Sicuramente il mercato del lavoro sempre più precario che invita alla flessibilità anche contrattuale, è una delle cause fondamentali. Ma non è l’unica. Recenti indagini infatti dimostrano che cambiare lavoro non è solo una contingenza, ma anche una volontà, da parte dei giovani, desiderosi di migliorare non solo le condizioni economiche ma anche di acquisire sempre più competenze.

Oggi le aziende faticano ad attirare, e soprattutto mantenere i talenti e così il job hopping aumenta. Fenomeno particolarmente presente negli States (nel 2016 un’indagine di Jobsurvey ha rilevato che il 18 per cento dei ragazzi tra i 18 e i 29 anni cambia lavoro in media ogni tre anni, in genere per migliorare il proprio stipendio o per crescere e migliorare professionalmente) e in Italia, mentre in Gran Bretagna il job hopper non viene visto di buon occhio.

In effetti cambiare spesso potrebbe essere letto, agli occhi di un selezionatore un po’ vecchio stampo o di un datore di lavoro rigido, come un sintomo di inaffidabilità o mancanza di motivazione.

Quali sono quindi i vantaggi che il job hopping può portare al proprio curriculum e da far emergere durante un colloquio?

Innanzitutto la flessibilità. Il job hopping educa alla flessibilità e alla capacità di adattamento a situazioni, contesti, dinamiche diverse.

La motivazione: cambiare lavoro è faticoso ed è necessario essere motivati e aver voglia di sperimentarsi e mettersi continuamente in discussione e in gioco.

L’accrescimento delle competenze: sperimentarsi in diverse realtà piuttosto che settori permette di incrementare le competenze tecnico-specialistiche.

Una buona rete di contatti: chi cambia spesso lavoro riesce in genere a crearsi una buona rete di contatti, ampliando il proprio network relazionale, cosa davvero utile, sia per il lavoratore che per l’azienda che lo assume.

Ambizione e capacità di lavorare per obiettivi: un job hopper è in genere una persona molto ambiziosa dal punto di vista professionale, capace di porsi degli obiettivi e di raggiungerli. Una persona che si è arricchita in realtà eterogenee per settore e dimensione è di sicuro un valore aggiunto.

Ma quando è utile cambiare lavoro? Il job hopper lo cambia in media una volta ogni due anni, ma i guru dell’osservazione del mercato del lavoro suggeriscono che 4 anni sia il tempo giusto per lasciare un’azienda.

Quali sono invece le misure che possono trattenere i talenti in azienda? Cosa cerca un lavoratore oggi all’interno di un’organizzazione? Vediamolo insieme… in ordine di importanza

Flessibilità: smartworking, orari flessibili, conciliazione dei tempi lavoro/famiglia

Coinvolgimento: I Millennial hanno un’indole proattiva e sono ricchi di idee e spunti su come migliorare e ottimizzare i processi aziendali. Non si accontentano di un ruolo passivo.

Possibilità di crescita professionale

Stipendio adeguato alla posizione e alle responsabilità

E voi cosa ne pensate? Credete che saltare sia vantaggioso?

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